Chi di voi ha già sentito parlare della nuova tecnica di brand extension di TikTok, ossia dell’idea di lanciarsi nel food delivery?
E per chi avesse risposto di sì: dite la verità, la cosa vi ha incuriosito e allo stesso tempo reso scettici, vero?
Ma, prima di analizzare cosa effettivamente stia combinando questo brand, la domanda che sorge spontanea è: cosa c’entra un social con il food? E, a maggior ragione, con il delivery? Di cosa stiamo parlando?
La strada che ha deciso di intraprendere TikTok viene comunemente definita brand extension. Quotando Philip Kotler e Kevin L. Keller (nel libro Marketing Management), con tale termine si fa riferimento a “un’azienda che riprende una marca già esistente per introdurre un nuovo prodotto” sul mercato. In pratica, si tratta di espandere il marchio a un settore di mercato diverso da quello in cui la cosiddetta “marca madre” ha costruito la propria reputazione nel tempo. In questo modo, essa facilita un incremento del proprio range di clienti, aumentando, allo stesso tempo, la soddisfazione di altri bisogni di clienti già fidelizzati.
La brand extention consente quindi di trasferire la notorietà e la visibilità di un determinato marchio ad un nuovo prodotto (il cosiddetto prodotto di estensione).
In realtà, le operazioni di brand extension possono avvenire in cinque modalità differenti:
Lo stesso marchio viene utilizzato per lanciare un prodotto in un modo leggermente diverso. Il prodotto, infatti, mostrerà una piccola variazione rispetto agli altri prodotti esistenti.
La marca madre lancia un prodotto completamente nuovo, che si rivolge allo stesso bacino di utenza.
Viene lanciato un gruppo di prodotti che possono essere ritenuti interessati per un determinato tipo di clienti ben definito.
Sulla base dell’esperienza dell’azienda, si lancia una categoria di prodotti che utilizza lo stesso brand ma che allarga ad altri mercati i propri prodotti.
Il brand fa leva sui benefici del proprio prodotto che lo rendono unico, e da qui viene allargata la gamma di prodotti per poi essere spinta sul web.
La tecnica di brand extension risulta utile in quanto in grado di accrescere la probabilità che il prodotto nuovo abbia successo. Nonostante il lancio di un nuovo articolo comporti dei costi iniziali e dei rischi legati all’insuccesso, se un brand è già noto e gode della fiducia del consumatore, è molto più semplice riuscire a farsi notare sfruttando la reputazione della marca madre. Infatti, i consumatori tenderanno a favorire operazioni di questo tipo se effettuate da brand di cui si fidano e per i quali nutrono già un’elevata loyalty.
Attraverso le estensioni di marca, inoltre, l’azienda cerca di tutelarsi dal rischio del customer turnover, ossia dell’abbandono del cliente. Infatti, estendere la linea di prodotti può far sì che il cliente, qualora dovesse abbandonare il prodotto originario, ne scelga uno che ricade comunque tra i prodotti proposti dal brand.
Un altro importante vantaggio è il trasferimento dei benefici intangibili associati a una marca al nuovo prodotto. Si tratta di associazioni non solo relative alla qualità dei prodotti ma anche allo status socio-economico ad essi legato (così come a concetti quali sostenibilità ambientale, attenzione alla salute…).
Alla base di un buon progetto di brand extension vi è il concetto di coerenza: è fondamentale che il nuovo prodotto rispecchi la mission e i valori del brand. Un esempio ben riuscito è quello di Pan di stelle con l’introduzione della crema spalmabile al cacao. Il marchio Barilla, infatti, sfrutta la propria notorietà e sviluppa un nuovo prodotto con lo scopo di consolidare la propria presenza nel mercato della prima colazione. In questo modo, tenta allo stesso tempo di sottrarre un po’ di quota al principale competitor, nonché leader di mercato, Nutella.
Ma i casi virtuosi sono molti, tra cui ricordiamo il prodotto super apprezzato dagli utenti Duracell Powermat, caricatore wireless per dispositivi mobile, lanciato, per l’appunto, da Duracell. Così come la Starbucks Verismo, macchina del caffè per provare direttamente a casa l’inebriante sapore del caffè americano di Starbucks. Per i veri geek vi è, invece, la Google Wallet App, applicazione creata da Big G per pagare via mobile nei negozi convenzionati.
E come dimenticare, d’altronde, uno degli esempi più noti di brand extension: Walt Disney, la cui immagine è inizialmente legata al mondo dei cartoni animati e dei film di animazione e che oggi è presente in mercati differenti, a partire da quello dei parchi a tema (Disneyland), fino ad arrivare al recentissimo Disney+.
Uno dei rischi principali che i brand incorrono nell’effettuare un’estensione di marca è il fallimento di un prodotto nuovo, o la sua incoerenza con il core business aziendale, che può addirittura danneggiare l’immagine generale e la reputazione del brand.
Potrebbe altresì verificarsi il famigerato fenomeno di cannibalizzazione, per cui il nuovo prodotto porta ad una diminuzione delle vendite di un altro prodotto dello stesso brand.
Un noto esempio è la linea di piatti pronti surgelati promossa da Colgate. Inutile dire quanto il prodotto sia un flop: infatti, l’associazione del gusto del dentifricio a quello del pasto caldo è tutt’altro che piacevole. E’ stata proprio la fama del brand, ormai da anni consolidato nell’immaginario del consumatore come prodotto per l’igiene orale, l’ostacolo principale alla riuscita dell’operazione.
Un altro esempio è quello che concerne la marca Zippo: il famoso brand di accendini che, per un certo periodo, produce profumi femminili. La scelta di un settore completamente differente, il packaging troppo simile ad un accendino da cowboy e un target molto diverso, hanno portato l’azienda ad un flop totale.
TikTok è il social network ormai più popolare fra le giovani generazioni. Ha una media di oltre 130 milioni di utenti attivi al mese solo negli Stati Uniti e ha superato i tre miliardi di download in tutto il mondo lo scorso luglio. I contenuti relativi al cibo, contrassegnati dall’hashtag #FoodTok, sono tra i più popolari della piattaforma. I video dedicati alle sperimentazioni in cucina solo nel mese di dicembre hanno totalizzato oltre 11,5 miliardi di visualizzazioni. E’ per questo, infatti, che TikTok pensa di sfruttare a fondo questa nicchia attraverso una strategia di brand extension, decidendo di debuttare nel mondo del food delivery a partire da marzo 2022.
Secondo le comunicazioni ufficiali dell’azienda, TikTok lavorerà in collaborazione con Virtual Dining Concepts, società che si occupa di lanciare ristoranti virtuali. Si tratta di “ghost kitchen” dedicate alla preparazione di cibo per la consegna a domicilio. Inizialmente verranno coinvolte 300 sedi, con l’obiettivo di arrivare a mille entro la fine dell’anno. I ristoranti di tutta l’America potranno richiedere di diventare “partner di mercato”. In questo modo, potranno ospitare la preparazione del cibo per gli ordini di TikTok Kitchen.
“Lavorare con il team di TikTok sullo sviluppo del menu e sull’intera atmosfera di questo marchio è stato così energizzante e sono entusiasta di rivelare oggi il nostro nuovissimo concept VDC, TikTok Kitchen, che sarà il nostro primo con un menu in continua evoluzione “, afferma Robert Earl, co-fondatore di Virtual Dining Concepts. “Quando abbiamo lanciato MrBeast Burger lo scorso dicembre, eravamo in un territorio inesplorato. Ora, dopo un anno, MrBeast Burger è visto come il primo motore assoluto nello spazio virtuale, con le sedi continuano ad aprirsi negli Stati Uniti e a livello internazionale, e crediamo che TikTok Kitchen sia proprio nella stessa stratosfera. Con il costante supporto di TikTok attraverso iniziative sulla piattaforma e tramite i suoi creatori, TikTok Kitchen sarà sempre rilevante ed eccitante.”
Per la sua strategia di brand extension, TikTok Kitchen punterà totalmente sui piatti realizzati dai tiktokers di tutto il mondo e diventati virali sulla piattaforma. Le ricette di tendenza che andranno ad arricchire il menù (il quale verrà aggiornato ogni tre mesi) sono varie. Si spazierà dalla pasta con feta al forno, piatto principe sul social, al primo posto nelle ricerche legate al cibo su Google negli USA nel 2021, alle costolette di mais, pannocchie tagliate in quattro parti, condite con spezie e fritte nella friggitrice ad aria. O ancora la pasta chips, pasta bollita e ripassata nella friggitrice ad aria per ottenere un effetto patatina. E non mancheranno ricette “fancy” come le penne alla vodka rivisitate dalla modella Gigi Hadid.
“I proventi delle vendite di TikTok Kitchen andranno sia a sostenere i creatori che hanno ispirato le ricette del menù sia a incoraggiare e aiutare altri creator ad esprimersi sulla piattaforma – scrive l’azienda -, in linea con la missione di TikTok che è sempre quella di ispirare creatività e portare gioia ai suoi utenti”.
L’obiettivo è proprio questo: monetizzare il più possibile i video più virali provando a convincere anche solo una piccolissima parte degli utenti di TikTok statunitensi; con la speranza di riuscire a estendere il concept anche nel resto del mondo.
Ci resta da chiederci se una cosa del genere non possa far capolino anche in Italia. TikTok potrebbe sfruttare la brand extension attraverso collaborazioni d’eccellenza e puntando sulla visibilità degli chef social. Tutto questo le consentirebbe di avere successo, però, soprattutto nelle città più grandi.
D’altra parte c’è chi si interroga se il passo non sia troppo azzardato e troppo lontano dalla mission del social… ma è veramente così? Ad oggi la cosa non sembrerebbe così irrealizzabile, ma non ci resta che attendere i prossimi mesi per scoprirlo!
Ascolta anche i nostri approfondimenti sulla brand extension più gustosa tramite il 👉🏻nostro podcast!
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Laureata in Scienze Linguistiche (Lingue per l’impresa) all’Università Cattolica del Sacro Cuore, attualmente frequento il corso magistrale in Mercati e strategie di impresa, presso la stessa università. Appassionata di cinema, teatro, musica, e tutto ciò che ruota attorno all’arte della comunicazione e dell’espressione di sé.
‘I’ve learned that people will forget what you said, people will forget what you did, but people will never forget how you made them feel.’
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